Quegli scudi di libri
Il 14 dicembre una manifestazione di studenti difesa da una falange formata da scudi di libri ha tolto la fiducia al governo Berlusconi. La politica parlamentare e democratica non se n’è accorta. Un bel pezzo di società si.
In mezzo a questa ci siamo noi, che i libri li scriviamo, li editiamo, li facciamo stampare e li mandiamo in libreria. A vedere Millepiani di Gilles Deleuze, L’orda d’oro di Balestrini e Moroni, Moby Dick di Melville o La Repubblica di Platone, in prima fila a parare i colpi dei manganelli, ci siamo commossi. Perché quei libri, quegli autori, quelle narrazioni stavano là anzitutto a parare i colpi dello smantellamento dell’università e della formazione pubblica. Stavano là a rivendicare una funzione critica del sapere e della cultura, a dire che le idee si possono usare anche come sassi e che tra queste e le «opinioni» passa una differenza. Stavano là a ricordarci che scrivere libri e pubblicarli può servire a qualcosa: a pensare e ad agire.
Di questi tempi non si fa che parlare di crisi del libro, crisi delle librerie, moria delle case editrici, fine della bibliodiversità . Se ne parla perché l’editoria indipendente e l’editoria di qualità vivono una crisi senza precedenti. Si potrebbe provare a entrare in una libreria di catena o in un franchising con l’elenco dei libri-scudi per vedere quanti se ne trovano. Oppure guardare nei programmi universitari alla ricerca di un Millepiani o di un’Orda d’oro che contempli il libro intero. O se proprio si vuole morire dal ridere a chiedere l’elenco dei libri-scudi in una biblioteca.
Ma, oltre alla commozione e all’eventuale simpatia politica che è senz’altro il caso della nostra casa editrice, ci sono molte ragioni per cui gli editori (almeno quelli indipendenti o di qualità ) dovrebbero stare con gli studenti e con i loro scudi di libri. Perché la riforma Gelmini, logico prolungamento della già riforma universitaria Berlinguer-Moratti, finisce di affossare i libri letti e usati dentro le università . E infatti le grandi editrici universitarie già si affannano a rideclinare in manualistica con pagine ridotte il catalogo precedente. Perché gli ulteriori tagli alle biblioteche, insieme all’assenza di investimenti per personale e risorse che le trasformino in posti civili e frequentabili, sono un modo per dire che in fondo i libri mica servono a studiare. Perché quegli studenti coi loro scudi di libri sono per gli editori quel pubblico di lettori che è garanzia della sopravvivenza di un’editoria di qualità . Non c’era scritto Herry Potter o Tre metri sopra il cielo sugli scudi. Ma con gli studenti e coi loro scudi di libri dovrebbero stare anche le librerie indipendenti, dovrebbe starci il sindacato editori, il sindacato librai, il neo-nato Centro del libro e pure quei deputati della Repubblica che si sono fatti promotori di una discutibile legge sul prezzo fisso del libro che dovrebbe salvaguardare le piccole librerie dalla concorrenza sleale delle grandi. Se mai può venire una risposta alla crisi del libro di qualità , alla difesa della bibliodiversità e delle realtà indipendenti può venire solo da là. Da quegli studenti che nei libri hanno visto qualcosa in più di una merce, di un prezzo fisso da scontare o non scontare, di un manuale da mandare a memoria. Quando gli studenti useranno di nuovo gli scudi faremo attenzione, chissà che non spunti anche un nostro titolo. Sarebbe un onore. Meglio che vincere il premio Strega.
La redazione di DeriveApprodi
P.S. Pare che un nostro titolo sia già spuntato: Gli invisibili di Nanni Balestrini. L’editore e l’autore sentitamente ringraziano.