Venerdì 24 gennaio

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L’UMANITA’ CON LE SCARPE DA GINNASTICA La fatica di Charly
“La fatica di Charly” racconta la storia della diciassettesima tappa del Giro d’Italia del 1956, da Merano al Monte Bondone, sopra Trento e dei suoi due protagonisti assoluti: Charly Gaul e Learco Guerra, corridore uno e direttore sportivo l’altro.
La prima parte dello spettacolo è la cronaca della corsa, di una giornata pazzesca di neve e gelo al confine con l’estate. La narrazione è ricca di aneddoti e curiosità, anche divertenti, e prepara alla parte finale più drammatica. L’ultima parte dello spettacolo è costituita dal “flusso di coscienza” di Charly Gaul sull’ultima salita, l’ultima ora di corsa, al buio e nella neve, dopo quasi sette ore di bici. Questa parte è recitata realmente in bici dall’attore che si muove su dei rulli. L’ultima parte mette in luce tutta l’Umanità dei protagonisti, con le loro paure, le comprensibili difficoltà che si trovano a superare e sottolinea il legame che li unisce e li porta “Umanamente” ad andare oltre gli ostacoli che hanno, in qualche modo, fermato tutti gli altri, per arrivare quindi al traguardo.
In cima al Bondone Charly sarà primo ma, soprattutto, sarà l’unico che dentro una giornata così estrema, avrà trovato la forza per mettere in gioco il meglio del suo essere Uomo vincendo, molto prima che gli avversari in bici, tutto ciò che dentro di lui avrebbe potuto fermarlo o portarlo a soluzioni più facili come “l’imbroglio”.

La Foto
La storia parte alle Olimpiadi del 1936 e non si è ancora conclusa. “La Foto”, che “gira” attorno alla pedana del salto in lungo a quelle olimpiadi, racconta del rapporto tra il velocista e saltatore afroamericano Jesse Owens e il lunghista tedesco Calr Ludwig Lang.
L’incipit è dato dal mito, fasullo, di Owens che umilia Hitler, a casa sua, vincendo 4 ori a quell’Olimpiade e poi si muove tra due foto dei protagonisti. La prima è visibile da subito, la seconda verrà scoperta durante lo spettacolo.
È una storia di amicizia e sportività che, in quel contesto, si trasforma in una dichiarazione forte contro il razzismo. È una storia che mette in luce la possibilità e la capacità dell’Uomo di dire “NO” anche davanti ad un dittatore pazzo e sanguinario, ad una vita intrisa di una pseudo cultura violenta e discriminatoria, davanti ad un mondo che non sente affatto la necessità di quel “NO”.
La storia è importante, la narrazione intensa ma il contesto permette più di una divagazione ad “alleggerire” lo spettacolo e a sottrarlo al rischio della retorica, inutile e, in questo caso, probabilmente controproducente rispetto ai contenuti che la storia stessa è in grado di portare.

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